Pianificazione industriale e miseria: il connubio sovietico

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Quando vi sono problemi legati alla fornitura di servizi o prodotti la prima soluzione che i politici propongono è un maggiore intervento statale all’insegna di una miracolosa “programmazione”.

Alcuni esempi di tale programmazione sono stati i Piani Quinquennali nell’Unione Sovietica.

Come funzionavano i piani quinquennali in URSS?

Infatti già dal 1927-28, l’Urss iniziò un’industrializzazione a tappe forzate.

Per attuare il processo il governo dell’Urss definì alcuni indicatori chiave nell’economia del Paese da soddisfare in 5 anni.

Si prevedeva che la produzione industriale sarebbe dovuta crescere del 136% in quel lustro, la produttività del lavoro sarebbe dovuta aumentare del 110% e che sarebbero stati costruiti 1.200 nuovi complessi industriali.

Ma il governo non tenne conto dei costi della pianificazione industriale: definì semplicemente cosa si doveva fare, e le misure repressive contro tutte le persone responsabili nel caso in cui l’obiettivo non fosse stato raggiunto.

Alla fine, furono i semplici lavoratori a dover spesso fare l’impossibile, il che si rifletteva in modo abbastanza appropriato nel famoso motto dell’epoca, “Il piano quinquennale in quattro anni!”

Dalla pianificazione industriale alla miseria nelle campagne

A causa della collettivizzazione della proprietà contadina, un gran numero di ex contadini si riversò nelle città, aumentando l’urbanizzazione. Tra il 1928 e il 1932 la forza lavoro urbana aumentò di 12,5 milioni di persone, di cui 8,5 milioni provenivano dai villaggi.

Nel frattempo, in campagna, a volte semplicemente non c’era niente da mangiare e nessun posto dove lavorare. Ciò provocò l’orribile carestia dell’inizio degli anni Trenta in Urss, che ancora oggi è ricordata in Ucraina col nome di Holodomor.

Scriveva il diplomatico tedesco Gustav Hilger sui tempi dell’industrializzazione in Urss, attuata a ritmi record durante i primi piani quinquennali:

“Gli operai, sia uomini che donne, che volevano trovare un posto dove vivere in città come Stalingrado, Magnitogorsk, o Novokuznetsk, o nei loro dintorni, dovevano essere disposti a stare in rifugi di terra battuta che erano stati scavati nelle colline circostanti. Come le persone potessero vivere e persino lavorare in tali condizioni e con enormi carenze di cibo e beni di prima necessità, si spiega solo con il fatto che i russi non erano stati abituati nella storia a nient’altro che a sofferenza e stenti”.

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