I vari lockdown a livello globale per contrastare la prima ondata della pandemia di Covid-19 hanno causato la più grave contrazione economica della storia moderna. A differenza del passato, non si è trattato di uno shock strutturale dell’economia, cioè causato da fattori endogeni, ma da un fattore esogeno come la diffusione di un virus. La crisi italiana è stata particolarmente disastrosa.
Francia, Spagna e Italia sono i Paesi che hanno risposto alla seconda ondata in maniera superficiale, lenta e soprattutto non preventiva: già dall’ultima estate gli allarmi erano in essere, la politica però non ha messo in campo strumenti che mirassero ad aumentare la capacità di resistenza del settore sanitario, espandendo per esempio il personale preposto al primo soccorso dei pazienti affetti da Covid o potenziando la medicina territoriale.
Nonostante gli strumenti monetari che l’Europa ha cercato e sta cercando di mettere in campo, dallo scudo della Bce al Recovery Fund, l’Italia ha ancora una volta perso l’occasione per essere lungimirante, ricorrendo a strumenti molto parziali di assistenza alle categorie più colpite dal lockdown (commercianti, ristoratori, albergatori, operatori turistici ecc…). Misure che però o si sono scontrate con la lentezza della burocrazia italiana o, peggio, con l’inadeguatezza delle risorse stanziate.
La sospensione del pagamento di tasse e bollette sarebbe dovuta essere una delle prime misure da adottare già in primavera, e l’Inps avrebbe dovuto dotarsi di strumenti soprattutto digitali e tecnologici per elaborare al meglio le pratiche per l’erogazione del credito a fondo perduto e della cassa integrazione.
In attesa delle risorse promesse del Recovery Fund, ora la sfida sarebbe quella di preparare un serio e ambizioso piano infrastrutturale, che costituisce l’unico concreto e serio motivo di aumento della spesa pubblica. Grazie ai piani infrastrutturali (di cui l’Italia ha un disperato bisogno), infatti, è possibile nel breve periodo ridurre la disoccupazione, e nel lungo avere un effetto positivo sulla crescita del PIL, con conseguente riduzione del rapporto col debito.
L’Italia è intrappolata da programmi assistenziali come il reddito di cittadinanza, da un sistema sanitario pubblico che non è quel punto di forza che molti pensavano, (almeno non in modo uniforme su tutto il territorio nazionale), dalle politiche dei bonus che bruciano miliardi, da un welfare anacronistico e inefficiente.
Il “modello Italia” tanto millantato non viene elogiato da nessuno all’estero. Bisogna entrare nella logica che tutti questi pseudo diritti/prebende in realtà non offrono il vero diritto: il diritto grazie al quale le future generazioni potranno avere una vita migliore di quella presente, il diritto al lavoro.
L’Italia è stata costruita sullo spirito della grande industria: siamo noi a costruirci il nostro futuro, non ci viene regalato. Ma si sta procedendo nella direzione esattamente contraria.